Nonostante le condizioni ambientali sempre più dure, che hanno costretto molti Ababda a trasferirsi in centri urbani, e l’urbanizzazione, che ha raggiunto i loro villaggi costringendoli a cambiare il loro stile di vita, gli Ababda hanno conservato le loro tradizioni. Questo comprende la struttura sociale tradizionale delle tribù e dei clan e anche le norme sociali.
STRUTTURA E DIRITTO TRIBALE
Gli Ababda sono divisi in numerose tribù che a loro volta sono suddivise in clan. Le due tribù principali sono quelle di El-Gami’ab, composta da dieci clan, e quella di El-Mohamed’ab.
Tradizionalmente gli Ababda hanno una forma di governo basata sul consenso. Ogni clan ha un capo e questa carica passa di padre in figlio. I capi godono di grande rispetto e i loro consigli sono tenuti in grande considerazione anche dai rappresentanti ufficiali del governo. I leader tradizionali si riuniscono in consiglio per dirimere i conflitti tra i membri delle tribù o con estranei. Rappresentano gli interessi della comunità. In occasione di feste e matrimoni, i leader si riuniscono per prendere decisioni.
FESTE E RICORRENZE
Oltre alle maggiori ricorrenze islamiche, gli Ababda celebrano i “mulids”, ovvero feste nel corso delle quali vengono commemorati degli sceicchi molto riveriti. Queste feste religiose offrono un’occasione importante di incontro tra i membri e i capi di differenti tribù e clan per discutere su diversi problemi o per risolvere i conflitti in corso. “Noi siamo sempre alla ricerca di un pretesto per riunirci”, ha affermato sorridendo il capo di una comunità.
Oltre a quelle religiose, le più importanti feste per la comunità sono i matrimoni. Una volta ci volevano tre anni per organizzare un matrimonio. La data dipendeva da molti fattori: dalla stagione delle piogge, dal periodo dei traffici commerciali, perché si cercava di permettere al maggior numero di persone possibile di partecipare. Tradizionalmente una festa di matrimonio durava sette giorni e l’ultimo giorno veniva festeggiato in modo particolare “Oggi purtroppo dura al massimo tre giorni”, ci ha detto lamentandosi un anziano.
LINGUE & DIALETTI
Gli Ababda parlano l’arabo. Il loro dialetto, quando parlano velocemente, è incomprensibile a chiunque altro. Come in ogni dialetto, anche nel loro ci sono parole che differiscono dalla lingua comune. Per esempio la parola “kolah” significa collina, è differente da “tabbah”, il termine comunemente usato nelle zone rurali dell’Egitto. Inoltre hanno molte parole per specifiche per il loro ambiente culturale.
PRODOTTI ALIMENTARI & PIATTI TIPICI
Gli Ababda, perlopiù allevatori e pastori. consumano la carne solo in occasioni particolari. Oltre al pesce del Mar Rosso, la loro dieta è composta soprattutto da cereali, legumi e in particolare lenticchie. Questi e altri prodotti alimentari come il riso e l’olio arrivano da Assuan. Una volta i cereali venivano macinati sul posto con macine di pietra, ora invece gli Ababda comprano la farina.
Gha’boori
Il Gha’boori è un tipo di pane. L’impasto di acqua e farina viene cotto su delle braci. Quando il carbone, sparso su una superficie sabbiosa pulita, diventa brace, se ne toglie una parte che servirà poi a ricoprire l*impasto adagiato sulla brace.
PESCE
Gli Ababda hanno sempre consumato pesce di mare, cucinato come la carne. Tra i pesci preferiti ci sono la triglia, il pesce pappagallo e il pesce spada. Quando pescano un pesce particolarmente pregiato, preferiscono venderlo che mangiarlo.
Sel’laht
Questo è il modo più comune di preparare la carne, di solito capra. La carne tagliata a pezzi e aromatizzata viene grigliata direttamente su un sasso arroventato posto sul fuoco o sulle braci. È interessante notare che, per rispetto delle natura, gli Ababda accendono il fuoco sempre negli stessi posti i lungo l loro percorsi abituali. Lo stufato è un altro modo tradizionale di cucinare la carne che viene bollita in acqua aromatizzata e salata. Nelle feste, la carne viene cucinata in entrambi i modi. Anche per il pesce si utilizzano gli stessi metodi di cottura. La carne macellata non consumata viene essiccata per essere conservata. Shah’teer è carne tagliata sottile, salata ed essiccata all’aria.
Gah’ba’nah
Il caffè tradizionale si chiama Gahbanah. I chicchi di caffè ancora verdi vengono arrostiti sul fuoco in un piccolo recipiente. Poi vengono pestati nel mortaio con lo zenzero e il cardamomo. Al tutto si aggiunge acqua bollente e la bevanda ottenuta viene versata in piccole tazzine con l’aggiunta di zucchero.
ABITAZIONI & COSTUMI
Le abitazioni tradizionali degli Ababda sono costruite con tavole di legno, legno di recupero e rami secchi di alberi, tenuti insieme da canne e corde di lana intrecciate.
Nel WGNP molti Ababda vivono in case costruite dal governo. Ad Abu Ghosoun e Hamata sono di mattoni e malta con il tetto a cupola.
Gli uomini indossano ancora oggi il costume tradizionale, composto da una maglietta bianca e leggera, detta Arrahgah, termine che tradotto letteralmente significa “la maglia del sudore”, da pantaloni bianchi e larghi detti Booga. Il tutto è ricoperto da una lunga tunica, ai piedi calzano dei sandali o delle scarpe che tolgono prima di calcare un tappeto o di entrare in un’abitazione.
ORIENTAMENTO NEL DESERTO
Per trovare la via nel deserto, gli Ababda si sono sempre orientati con le stelle. Conoscono la stella polare e hanno diversi nomi per le costellazioni. Nonostante vivano da sempre nel deserto, può capitare anche a loro di perdere l’orientamento.
Per ritrovare la via, prima di tutto fanno un riposino così da schiarirsi le idee, dopodiché cercano di ritrovare il pozzo più vicino. Se gli sperduti sono in gruppo, la persona più anziana è nominata capogruppo. Le sue decisioni sono indiscutibili. Guidati dal loro istinto innato, da segni nella natura e, di notte, dalle stelle, sanno ritrovare velocemente un pozzo. Poi, dopo aver riempito d’acqua gli otri di pelle, ritrovano facilmente la via nel dedalo di valli e pozzi.
IL RISPETTO PER LA NATURA
Gli Ababda hanno un grandissimo rispetto per ogni forma di vita. Le acacie godono di un rispetto particolare. I suoi semi e le foglie servono da foraggio per il bestiame. Dal tronco morto si ricava combustibile e carbone.
La legge tribale punisce chi abbatte un albero. Il colpevole viene condannato a pagare una multa dal consiglio della tribù e in casi particolari può essere esiliato. Un albero di acacia è dichiarato morto e può essere utilizzato solo dopo che il consiglio degli anziani, avendolo ben esaminato, lo dichiara tale.
MORTE & SEPOLTURA
Gli Ababda non hanno cimiteri, ma solo tombe singole. Di norma il defunto viene seppellito nel luogo del decesso, a meno che non abbia espresso un desiderio particolare. Non usano pietre tombali, ma il sito è semplicemente marcato da alcune pietre in cerchio e da un bastone con un drappo.
I morti sono riveriti e rispettati e si ricordano con l’appellativo di “grande padre” e “grande madre”. I luoghi di sepoltura sono sacri e quando è possibile, gli Ababda si accampano nei loro pressi
MEZZI DI SUSSISTENZA TRADIZIONALI
Gli Ababda, tradizionalmente un popolo di pastori, imparano però già da piccoli a pescare. Sono le mamme a insegnare ai figli le tecniche di pesca. Il mare ha sempre rappresentato l’ultima salvezza, quando le risorse del deserto si esauriscono. I metodi tradizionali comprendono la pesca con la lenza all’alba e la pesca con l’arpione al tramonto. Gli Ababda pescano per il proprio fabbisogno, ma un bottino abbondante garantisce un guadagno extra.
Oltre alla pastorizia e al commercio, gli Ababda cercano di migliorare la loro situazione economica sfruttando le opportunità date dalla vita sedentaria lungo la valle del Nilo. Attualmente molti di loro lavorano come guide o autisti. Se possibile, cercano di trovare un impiego fisso presso istituzioni governative o pubbliche come la compagnia mineraria El-Nasr o negli uffici del WGNP.
Non molti di loro, quando hanno l’opportunità e l’inclinazione personale, seguono dei corsi di formazione in vari settori e ciò è molto più frequente tra gli Ababda che vivono vicino ai grandi centri.
Ma per quanto differenti siano i campi di attività che riescono a conciliare con la pastorizia e la pesca tradizionale, salta all’occhio la loro assoluta assenza nei grandi alberghi e villaggi turistici.
Comunque non escludono a priori un’occupazione nel settore turistico e molti di loro già collaborano come guide e autisti. Infatti, a Qulan e Hankorab Beach sia il personale direttivo che i dipendenti sono Ababda. La ragione della scarsa presenza di Ababda che lavorano nei resort è di natura culturale. Loro, infatti, ritengono prestigioso e dignitoso lavorare come dipendenti in un’azienda pubblica, mentre considerano vergognoso e indecoroso essere impiegati come personale di servizio, soprattutto presso aziende straniere.
“Alla domanda sul perché non ci fossero dipendenti Ababda negli alberghi, un capo della comunità ha risposto: “Siamo contenti di accogliere i turisti per mostrargli la nostra cultura, ma non per servirli”.
Inoltre si aggiunge il fatto che molti Ababda impiegati nei resort sono stati vittima di discriminazioni razziali ad opera di altri colleghi di lavoro provenienti prevalentemente dalle regioni rurali dell’Egitto. Anche questo forse serve a spiegare il loro disprezzo per questi lavori.